domenica 5 aprile 2009

ART.03 - il tassello che...Manca


Attilio Manca venne ritrovato cadavere il 12 febbraio 2004, verso le ore 11.

I fatti:

Il suo corpo era riverso trasversalmente sul piumone del letto (il letto era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue, che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento. Dalle fotografie effettuate si ricavano i seguenti elementi: il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale; sui suoi arti erano visibili macchie ematiche;

L’appartamento era in perfetto ordine; nella stanza da letto si trovava ripiegato su una sedia il suo pantalone, mentre inspiegabilmente non furono rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago; in cucina non v’era traccia di cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, evidentemente usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello proteggi-stantuffo, e due flaconi di Tranquirit (un sedativo), uno dei quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà.

Il medico del 118, alle ore 11,45, effettuando l’accertamento del decesso, attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004. Veniva disposta immediatamente l’autopsia, che veniva affidata alla dr.ssa Ranalletta, medico legale, curiosamente moglie del prof. Rizzotto, primario del reparto di urologia dell’ospedale Belcolle di Viterbo, nel quale prestava servizio Attilio. Al momento dell’incarico alla dr.ssa Ranalletta, peraltro, il marito era già stato sentito come testimone dalla polizia. La relazione autoptica, pur lacunosissima (tanto che in seguito il Gip si è trovato costretto a ordinarne un’integrazione), e quella tossicologica attestano che: nel sangue e nelle urine di Attilio Manca erano presenti tracce di un rilevante quantitativo del principio attivo contenuto nell’eroina, di un consistente quantitativo di Diazepam, principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit, e di non ingente sostanza alcolica; la causa della morte di Attilio Manca va ricondotta all’effetto di quelle tre sostanze, che provocarono l’arresto cardio-circolatorio e l’edema polmonare; sul corpo di Attilio Manca erano visibili, al braccio sinistro, due segni di iniezioni (corrispondenti quindi alle due siringhe ritrovate), una al polso ed una all’avambraccio; su tutto il resto del corpo non era visibile traccia alcuna di iniezioni, recenti o datate.

Attilio Manca era un mancino puro e compiva ogni atto con la mano sinistra. Tutti coloro che lo hanno conosciuto sanno che aveva scarsissima praticità con la mano destra. Tutti i suoi colleghi e amici frequentati nell’ultimo anno di vita, sentiti come testimoni nell’immediatezza, dichiaravano che era da escludersi che Attilio assumesse sostanze stupefacenti e che avesse ragioni per suicidarsi. Veniva anche accertato che, a partire dalle ore 20 circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o di presenza, con amici e colleghi. La sera del 10 febbraio aveva deciso di non partecipare, contrariamente al solito, ad una cena fra colleghi. Nei giorni precedenti aveva chiesto e ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni. Inspiegabilmente e senza alcuna comunicazione preventiva, Attilio Manca non si presentò a quell’appuntamento.

Rimane anche un mistero, che la Procura e la Squadra mobile di Viterbo non hanno fatto nulla per sciogliere, che cosa abbia fatto e dove sia stato Attilio Manca fra la sera del 10 febbraio e il momento della sua morte, avvenuta, come si è detto, nella notte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004. Un dato certo, però, proviene dalla testimonianza del vicino di casa, il quale, sentito lo stesso 12 febbraio, dichiarò che la sera prima, verso le 22,15 dell’11 febbraio 2004, aveva sentito il rumore della porta di casa di Attilio che veniva chiusa. Questo dato attesta che in quel momento Attilio tornava a casa o, viceversa, che qualcuno, ancora oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora molto vicina alla morte di Attilio.

Nell’abitazione di Attilio a Viterbo vennero fatti gli accertamenti dattilo scopici dalla polizia scientifica. Vennero rinvenute impronte palmari e digitali in un certo numero: non tutte, però, appartenevano ad Attilio. Alcune, quindi, erano state apposte da persona o persone diverse. Alcuni mesi dopo, dalle comparazioni effettuate dal gabinetto centrale della polizia scientifica, risultò che il titolare di una delle impronte era il cugino di Attilio, Ugo Manca. Venne allora sentito dalla polizia Ugo Manca, pregiudicato per detenzione abusiva di arma e condannato in 1° grado per traffico di droga, oltre che frequentatore di molti personaggi di interesse investigativo, come Angelo Porcino, Lorenzo Mondello, Rosario Cattafi ed altri. Ugo Manca riferì alla polizia che quella impronta poteva averla lasciata nell’unica occasione in cui, a suo dire, era stato ospite del cugino, il 15 dicembre 2003, allorché si era recato a Viterbo, dove il giorno successivo venne ricoverato all’ospedale Belcolle ed operato proprio da Attilio, per un intervento in verità banale.

Sennonché i genitori di Attilio Manca hanno riferito alla polizia come fra il 23 ed il 24 dicembre 2003 essi alloggiarono a Viterbo a casa di Attilio e come in quei giorni la signora, come ogni madre premurosa di un figlio che vive fuori sede da solo, aveva provveduto ad un’approfondita pulitura della casa, ivi compreso l’ambiente nel quale era stata ritrovata l’impronta di Ugo Manca. Tale evenienza contrasta con la tesi di Ugo Manca. Una decina di giorni prima di morire, Attilio, parlando con i suoi genitori, chiese loro notizie di un tale Angelo Porcino. Disse loro che era stato contattato telefonicamente dal cugino Ugo Manca e che questi gli aveva preannunciato che Porcino sarebbe andato a trovarlo a Viterbo perché aveva bisogno di un consulto.

Contemporaneamente, in effetti, Ugo Manca disse a una terza persona, che di lì a poco sarebbe andato a Viterbo a trovare Attilio. Nessun accertamento è stato fatto dalla Procura e dalla Squadra mobile di Viterbo circa l’eventuale presenza di Porcino a Viterbo nei giorni precedenti la morte di Attilio. Né è mai stato verificato quale fosse la ragione che indusse Ugo Manca, giunto nella mattina del 13 febbraio 2004 a Viterbo, a tentare di entrare nell’appartamento di Attilio ed a presentarsi in Procura per sollecitare il dissequestro dell’immobile ed il pronto rilascio della salma di Attilio. Comportamenti, peraltro, contraddittori con il distacco assoluto che, a partire dal 15 febbraio 2004, Ugo Manca riservò ai genitori di Attilio, ben prima che essi iniziassero a manifestare dubbi sull’uccisione del figlio.

Altro accertamento finora mancante è quello relativo ad un viaggio effettuato da Attilio Manca nell’autunno del 2003 nel sud della Francia, asseritamente per assistere ad un intervento chirurgico, come egli disse ai suoi genitori.

Oggi:

Forse un giorno vi racconteranno la storia di un medico, un urologo tra i migliori in Italia, che si suicidò quattro anni fa, 12 febbraio 2004, nella sua casa, a Viterbo. Vi diranno che era depresso, che era triste, e che decise che era meglio farla finita. Lui si chiamava Attilio Manca. Dottor Attilio Manca.
Si iniettò allora, due volte, sui polsi, una miscela esplosiva di alcol, calmanti ed eroina per farla finita. Nel polso sinistro però. Lui che era mancino, in punto di morte, scoprì che era abile ad usare anche l'altra mano.
Mentre entrava in circolo il mix, diede una testata su qualche muro deviandosi il setto nasale. Poi cominciò a sbattere in giro per la casa, a procurarsi ecchimosi ed ematomi su tutto il corpo. Cosparse la casa del suo sangue, sul letto, sotto il letto, mise il tappo alle due siringhe e ne mise una in bagno e una in cucina. Poi finalmente morì. Suicidio. Caso chiuso.
Come Peppino Impastato che si fece esplodere dopo essersi auto-pestato a sangue ed aver cosparso di tracce ematiche tutta la campagna.
Il dottor Manca in effetti aveva una vita che lasciava presagire al peggio.
A trentaquattro anni era già un luminare, sapeva effettuare l'intervento alla prostata per via laparoscopica. Oltre a lui in Italia c'era solo un altro medico in grado di farlo. Lo ritrovarono in quella casa i suoi colleghi. Prostata. La prostata mi ricorda Bernardo Provenzano. Poveraccio Binnu, dovette andare fino a Marsiglia per operarsi. A proposito, aggiungo una sciocchezza che per gli inquirenti ha poco conto. Infatti è solo una coincidenza, figuratevi.
All’insaputa dei colleghi, l'urologo aveva effettuato un viaggio in Costa Azzurra proprio nell’ottobre 2003. A Marsiglia. Lo disse ai genitori, nel corso di due telefonate. Anche Bernardo
Provenzano, nell’ottobre 2003, si trovava in Francia. Guarda un po'! A Marsiglia.
Attilio Manca disse ai genitori di trovarsi lì perché doveva assistere ad un intervento. I familiari credono sia stato costretto a visitare, ad operare o ad assistere proprio Bernardo Provenzano. Io ne sono fermamente convinto. Basta leggere. E il suo comportamento in quel periodo, lasciava intendere che ci fosse qualcosa di storto, in effetti.

Non è difficile da credere che Bernardo Provenzano, quel vecchietto inoffensivo che mangiava pane e cicoria, abbia preteso di essere visitato ed assistito da un luminare dell'urologia, da uno tra i migliori in Italia e, a lavoro finito, lo abbia messo a tacere. A parte gli accompagnatori, infatti, Provenzano avrebbe avuto solo un altro italiano accanto in Francia. Meglio assicurarsi il suo silenzio.

Le indagini sono state chiuse e archiviate con una superficialità che ha del criminale.


Due telefonate tra Attilio e la madre sono sparite dai tabulati. La mattina del 12 febbraio, invece, Attilio aveva chiamato i genitori, chiedendo loro di portare dal meccanico riparare una moto tenuta a Terme Vigliatore. Dopo la sua morte i genitori c'andarono dal meccanico, ma la moto era perfetta. Forse Attilio già in mattinata era in ostaggio. Forse non poteva nemmeno parlare a telefono.

Attilio aveva addirittura in programma un periodo di volontariato in Bolivia con Medici senza Frontiere, e un training a Cleveland, Stati Uniti, presso un istituto altamente specializzato. Strana una vita così pianificata e dinamica per un'aspirante suicida. Grazie all'ostinazione della famiglia, i
l Gip del tribunale di Viterbo ha dato mandato al pm di far eseguire, entro tre mesi, l'esame del Dna su alcuni mozziconi di sigarette e sugli strumenti chirurgici trovati su un tavolo nell'abitazione di Attilio Manca. (ANSA) In particolare il Gip ha disposto che il Dna venga confrontato con quello di Angelo Porcino, un uomo residente a Barcellona Pozzo di Gotto, città natale di Attilio Manca, dove vivono tuttora i suoi genitori. Angelo Porcino, secondo il legale della famiglia Manca, avvocato Fabio Repici, oltre a essere pregiudicato, avrebbe avuto contatti con ambienti mafiosi barcellonesi. Il Gip ha chiesto di verificare la posizione di Porcino in quanto Attilio Manca, dieci giorni prima di morire, avrebbe telefonato ai genitori chiedendo loro informazioni proprio su di lui. Poi avrebbe aggiunto di avere a sua volta ricevuto una telefonata da parte di un suo cugino, Ugo Manca, tecnico radiologo, che gli avrebbe chiesto un appuntamento a nome di Porcino poiché, avrebbe avuto bisogno di un consiglio di carattere medico. L'eventuale presenza a Viterbo di Porcino, secondo il legale, potrebbe imprimere una svolta decisiva alle indagini nel senso indicato dai genitori di Attilio Manca.

Nel senso che il medico non si sarebbe affatto suicidato e che nella sua morte potrebbe aver avuto un ruolo la malavita barcellonese.

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