giovedì 16 aprile 2009

Toyota Prius. L'auto del futuro.




Una rivoluzione, una svolta epocale, questo è Prius. Un’auto che, grazie al suo straordinario sistema che coniuga un efficiente motore benzina e un sofisticato motore elettrico, ha segnato l’inizio di una nuova era. Prius è infatti la prima auto di serie della storia con Hybrid Synergy
Drive, l’innovativo sistema che combina perfettamente tecnologia pulita e piacere di guida. Un’auto con due anime: un motore elettrico da 68 CV ad emissioni zero, con batterie che si autoricaricano ed un propulsore 1.5 a benzina da 78 CV. I due motori lavorano in sinergia, fornendo le migliori prestazioni e le emissioni più basse, garantendo sempre il minimo impatto ambientale senza però cambiare o limitare le normali abitudini di guida, anzi, esaltandone il piacere. Le performance ed i consumi sono eccezionali: velocità massima di 170 km/h, da 0 a 100 km/h in meno di 11 secondi e consumi talmente ridotti da essere più bassi di molte city car (solo 4,2 litri per 100 km nel ciclo extraurbano). La sua abitabilità, con molto spazio per persone e bagagli, la rende un’auto completa da ogni punto di vista. Prius rappresenta il risultato più evoluto della filosofia costruttiva Toyota: conciliare in un rapporto armonico automobile, uomo
e ambiente. Queste caratteristiche rendono Prius un’auto unica e sono molto apprezzate dagli automobilisti. Non a caso, dal 1997 ad oggi, Prius ha ottenuto uno straordinario successo: sono infatti oltre 700.000 persone in tutto il mondo che si sono avvicinate alla tecnologia Hybrid Synergy Drive e che hanno scelto di guidare Toyota Prius.

Prius è in anticipo sui tempi non solo per il suo sistema di motorizzazione: l’energia generata dall’HSD ha permesso di dotare Prius della tecnologia “By Wire”. Il sistema, sviluppato per l’industria aerospaziale, sostituisce i collegamenti idraulici e meccanici con collegamenti di tipo elettrico. I tempi di reazione sono più rapidi con vantaggi anche in termini di peso e spazio. Il Drive by Wire, grazie ad un sistema elettronico più leggero e veloce, aziona l’impianto di frenata rendendolo più rapido nella risposta. Inoltre, assicura un funzionamento efficiente anche del cambio automatico, dell’acceleratore, del servosterzo e del climatizzatore. Il Drive By Wire aziona infine tutti i dispositivi di sicurezza e li aiuta a dialogare tra loro, permettendo una perfetta integrazione tra ABS con EBD (Ripartitore elettronico della forza frenante) e BA (Sistema di assistenza alla frenata di emergenza), VSC+ (Controllo elettronico della stabilità di seconda generazione), E-TRC (Controllo elettronico della trazione).

Pensate ad un risparmio sul carburante!!!
Pensate ad un minore inquinamento ambientale!
Questo è il futuro. Riflettiamo.


14 Aprile 2008 - Cuffaro..Cu tu fici fari.

E' passato poco più di anno..da quando l'ex presidente della regione Sicilia..è stato nominato senatore della repubblica.

Chi non conosce i fatti per come sono avvenuti..magari..potrà essere felice per una nomina di un uomo della nostra terra ad un' alta carica. Ma chi come me è a conoscenza di tutta la faccenda che si nasconde dietro questa persona non può che provare vergogna e ribrezzo.

Sono del parere che CHIUNQUE abbia avuto a che fare anche minimamente con la mafia non può e non deve poter occupare nessuna carica a nessun livello.

Eppure..nonostante esistano prove schiaccianti e nonostante un passato indecoroso macchia la vita di quest'uomo..siamo costretti a prendere atto che succedono ancora queste cose in Italia.

Tutto ciò ha dell'assurdo.

Inserisco un video di tutta la storia tratta in questo fantastico documentario.



















lunedì 6 aprile 2009

Top-Up il Top per tutti



Questo logo per molti di noi non significa nulla. Per quasi tutti.
Per una popolazione di 60 milioni di abitanti, quali quella inglese, oggi terzo paese più popolato d'Europa è una quotidianità.

Comprare una ricarica telefonica. (Dio solo sa di chissà quale materiale plastico chimico si tratti)

Scartarla dal suo involucro trasparente. (Che puntualmente finirà per terra)

Grattare la sua strisciolina argentata. (Sicuramente non verranno raccolti i residui grigiastri..anzi finiranno impiastricciati come sempre nelle nostre dita)

E infine gettare la carta oramai inutile. (Dove? Carte di questo tipo si degradano dopo 1000 anni)

Eccola invece la quotidianità del popolo italiano.



Gli inglesi invece usano la TOP-UP CARD

Comodissime carte magnetiche vendute a costo zero insieme alla propria sim card.
Niente carte da grattare..niente da gettare per terra.
Le comodissime carte vengono riconosciute da speciali lettori situati nella gran parte delle attività commerciali..e al tuo tabaccaio non dovrai far altro che consegnare l'importo della ricarica da te richiesto.



Semplice. Facile. Veloce.

Miliardi di carte usa e getta non prodotte.

La tua città più pulita.

Compagnie come la vodafone operano già in Inghilterra con questo metodo.
Perché non adottarlo anche in Italia????

Consumiamoci

Vi siete mai chiesti perché lo sviluppo dei personal computer è così veloce da rendere il vostro PC appena comprato fuori mercato nel giro di 6 mesi???

O perché non appena acquistate la vostra TV...il mese successivo ne esce magicamente una nuova e più bella della vostra??

Vi siete mai chiesti perché la televisione vi tartassa di pubblicità per farvi sentire sempre diversi rispetto agli altri? Sempre con qualcosa in meno..mai al passo con i tempi???

Vi siete mai chiesti perché spesso ci convinciamo che il ceto sociale è deciso dall'automobile posseduta..o dalla marca di jeans ecc ecc ???

In questi tre video tutte le nostre nuove domande esistenziali del XXI secolo hanno una risposta.










Siamo ospiti di un pianeta che stiamo distruggendo.

Si dice addirittura che i designer scelgono i materiali dei propri prodotti per far si che si possano rompere in un tempo molto breve per favorire il consumo.

Bisogna far scomparire l'usa e getta.

Riciclare i nostri rifiuti.

Trovare soluzione alternative.

Di questo passo..il prossimo rifiuto..saremo noi!

domenica 5 aprile 2009

ART.04 - A casa nostra!!


Vedete quelle crepe?
Non sono solo crepe sui muri. Rappresentano le crepe che tantissime famiglie portano nel cuore.
Ferite mai guarite di gente che ha pagato con sacrifico delle case mai avute. O per meglio dire avute e poi abbandonate.

Come vi sentireste voi a dormire in un letto..e nella notte sentire continuamente dei fastidiosi scricchiolii che fanno pensare a qualcosa che da un momento all'altro vi cadrà in pieno volto.
Non deve essere certamente una sensazione rilassante al punto da farvi dormire sonni tranquilli.
Eppure è proprio quello che le famiglie di 600 abitazioni hanno provato a Messina.
Da tempo questo caso è stato forse dimenticato. Ma non per tutti. Non per loro.
Non per coloro che si sentono ancora oggi derubati di una cosa DOVUTA. Di una possessione di diritto ma mai concessa..o concessa solo per poco tempo. Un tempo minimo..inesistente visto che ha portato poi al completo abbandono della casa stessa.

Ma..se in Sicilia negli anni 80..anni in cui la Mafia faceva grossi affari..vi proponessero di venire ad abitare in una cooperativa chiamata "CASA NOSTRA"...cosa rispondereste?
In effetti un nome un po singolare.."tempi di mafia".."CASA NOSTRA". Ma quelle famiglie mai si potevano aspettare..che dietro tutto questo ci fosse l'ennesimo caso di MAFIA ORGANIZZATA A DERUBARE IL PROSSIMO, RICICLANDO IL PROPRIO DENARO.

Oggi..grazie anche alle testimonianze dei pentiti si è arrivati a sapere che:

Al boss Leonardo Greco farebbe riferimento la società SICIS dei fratelli Bruno, anch’essi di Bagheria, la quale dopo aver realizzato con un’impresa del conte Arturo Cassina numerosi alloggi popolari a Borgo Nuovo (Palermo), si trasferiva in quegli anni a Messina per edificare il complesso cooperativo Casa Nostra di Tremonti e il Complesso Peloritano a San Giovannello, entrambi al centro di importanti inchieste giudiziarie, compresa quella sul ‘buco’ del Banco di Sicilia con cui la SICIS di Bagheria risulterebbe esposta per svariati miliardi. Lo scorso dicembre la Procura di Messina ha accusato Michelangelo Alfano di concorso esterno in associazione mafiosa “per essere stato il referente a Messina di Leonardo Greco e di averne curato dal 1979 gli interessi insieme con Domenico Cavò e quindi con Luigi Sparacio, nella realizzazione del complesso edilizio Casa Nostra di Tremonti”. Alla base del procedimento le dichiarazioni dei pentiti Gaetano Costa, Rosario Spatola, Giovanni Vitale e Antonio Cariolo. “Per il complesso edilizio di Tremonti” secondo il Costa, “erano direttamente interessati Leoluca Bagarella, Luciano Liggio, Mariano Agate, Totò Riina, Leonardo Greco ed altri esponenti di Cosa Nostra, e vi sovrintendeva materialmente a Messina Tommaso Cannella sotto la supervisione di Michelangelo Alfano”. L’intero gotha della mafia con le mani in pasta negli affari della provincia dove “la mafia non esiste”.

Per tanto tempo Messina è stata considerata la città babba. La città dove la mafia non esiste. Oggi possiamo dire che non è stato propriamente cosi.
E mentre loro si sono fatto i loro conti...a modo loro, successivamente queste case costruite male, con materiali non idonei, e soprattutto su un terreno considerato franante (forse)..questi edifici hanno cominciato a cadere a pezzi. Ma molte case erano state in parte pagate.
Molte famiglie sono state costrette a lasciare la propria abitazione senza avere un posto dove andare.
Ne nacque una diatriba giudiziaria. Su case da demolire. Case venduta all'asta. Case di gente ostinata che le ha abitate a rischio della propria vita. Risarcimenti mai avuti. Un caos medievale che ancora oggi non ha avuto una fine giusta.

“Aspettiamo da trent’anni giustizia, ognuno di noi ha pagato migliaia di euro per comprare un’ abitazione, ma non abbiamo avuto nulla e non siamo stati tutelati dalle istituzioni”. Lo dice con voce affranta il pensionato Oscar Insam, una dei trenta soci del Consorzio Cooperativa “La Casa Nostra” che non hanno avuto la casa dopo aver pagato quasi tutta la somma prevista per l’acquisto dell’appartamento perché considerati morosi per poche centinaia di euro. Le loro casa infatti sono state poi vendute all’asta, ma per i soci questo non era possibile perché le cause che non avevano mai avuto il collaudo andavano demolite.

Il commissario liquidatore del consorzio del 2001, il ragioniere Placido Matasso, che attualmente ricopre l’incarico di revisore dei conti dell’Ospedale Piemonte, su mandato della regione Sicilia aveva invece messo le case all’asta. Ora Matasso è imputato in un processo per falso e truffa insieme agli ingegneri Gaetano Terranova, e Placido Restuccia che avrebbero certificato il collaudo delle abitazioni. “Il certificato di collaudo – spiega Matasso - è stato redatto anche dal Genio di Civile di Messina che attesta che le palazzine sono a norma. Questo è stato ribadito nel bando d’asta, i soci che non hanno pagato volevano solo restare ad occupare le case senza pagare nulla, gli altri soci hanno invece firmato il contratto”. Secondo i consorziati i fatti sono andati in maniera totalmente diversa. Si sono difatti auto definiti ‘ribelli’ proprio perché non avrebbero voluto sottostare alla vendita all’asta per quello che definiscono “un pretesto utilizzato nei loro confronti per farli tacere”.

Matasso per i soci “non avrebbe tenuto conto della relazione redatta nel maggio del 1999 dall’architetto Dario La Fauci. Qui veniva affermato che non è possibile presentare richiesta di sanatoria in assenza della relazione a struttura ultimata redatta dal direttore dei lavori, del collaudo statico e del certificato di conformità del progetto e di osservanza della legge sismica e dell’articolo 28 certificato dal Genio civile sulla regolarità di costruzione”.

Quindi per i soci “tutte le case sarebbero a rischio, non potevano essere messe all’asta e devono avere risarcimento”. Ipotesi confermata dall’imprenditore Carmelo Cascio che, con la sua ditta, secondo alcuni ingegneri incaricati dal commissario dello stesso consorzio, era stato indicato come l’artefice del dissesto dei fabbricati per un movimento franoso causato dagli scavi di sbancamento effettuati nello stesso periodo dalla sua azienda. Tesi smentita da ben tre perizie istituzionali. La prima disposta nel 1997 dal Gip di Messina Carmelo Cucurullo, la seconda dalla ‘Ismes’ di Bergamo, azienda leader nel campo europeo della sicurezza strutturale e una terza disposta dal pm di Messina Farinella.

In tutte e tre le perizie si evince che il dissesto non è stato provocato da un movimento franoso né, tanto meno da un calamità naturale, altra ipotesi tenuta in considerazione da un commissione tecnico scientifica nazionale. Il dissesto dei fabbricati secondo le perizie è invece da attribuire esclusivamente a negligenze costruttive come la mancanza di pali di fondazione, la scarsità dei materiali, la mancanza di collegamento tra i pali di fondazione e i plinti dei pilastri. Tra l’altro Cascio replica a Matasso affermando anche “che lo stesso Genio Civile in una lettera, nonostante avesse apposto i timbri nella perizia, non considera quello effettuato un vero e proprio collaudo.

Il percorso del Consorzio “La Casa Nostra”, nato nel 1976 con l’obiettivo di dare una casa a tanti messinesi, attingendo alle agevolazioni previste dallo stato, si è rilevata una storia costellata da tanti altri aspetti poco chiari. Basta considerare che le 600 abitazioni, sarebbero state realizzate dalla Sicis di Bagheria che secondo il Gip del tribunale di Palermo nel 1999 “era utilizzata dal defunto boss Michelangelo Alfano per riciclare i soldi sporchi della famiglia mafiosa facente capo a Leonardo Greco”. Anche i finanziamenti arrivati da banche e Regione sono stati oggetto di analisi da parte della magistratura.

Tra i più clamorosi i finanziamenti senza regole dati dall’Ircac, un finanziamento regionale dove sono stati elargiti sei miliardi di vecchie lire per arginare il movimento franoso di cui poi è stato dimostrata l’inesistenza e il finanziamento di 4 miliardi e mezzo di lire per realizzare opere di urbanizzazione primaria quando era ormai chiaro che le 600 case andavano demolite.

Molte abitazioni sono state infatti demolite come ordinato nel 1999 dal prefetto di Messina del tempo, Renato Profili, ma molte case sono ancora abitate nonostante i rischi evidenziati nelle perizie. Anche molti finanziamenti arrivati dalle istituzioni sono stati oggetto di indagini.

Nonostante un quadro così poco chiaro che vede coinvolte istituzioni, banche e politici e finanziamenti a cooperative e nonostante ci siano ancora diverse indagini da parte della magistratura, una soluzione definitiva per i problemi dei soci del consorzio non sembra esserci.

ART.03 - il tassello che...Manca


Attilio Manca venne ritrovato cadavere il 12 febbraio 2004, verso le ore 11.

I fatti:

Il suo corpo era riverso trasversalmente sul piumone del letto (il letto era intatto ed in ordine, come se non fosse andato a dormire), seminudo. Dal naso e dalla bocca era fuoriuscita un’ingente quantità di sangue, che aveva finito per provocare una pozzanghera sul pavimento. Dalle fotografie effettuate si ricavano i seguenti elementi: il volto di Attilio presentava una vistosa deviazione del setto nasale; sui suoi arti erano visibili macchie ematiche;

L’appartamento era in perfetto ordine; nella stanza da letto si trovava ripiegato su una sedia il suo pantalone, mentre inspiegabilmente non furono rinvenuti i boxer né la camicia; altrettanto inspiegabilmente sullo scrittoio erano poggiati suoi attrezzi chirurgici (ago con filo inserito; pinze, forbici), che egli mai aveva tenuto a casa; sul pavimento, all’ingresso del bagno, si trovava una siringa da insulina, evidentemente usata, cui era stato riposizionato il tappo salva-ago; in cucina non v’era traccia di cibo, consumato o residuato; sempre in cucina, nella pattumiera si trovavano, tra l’altro, un’altra siringa da insulina, evidentemente usata, cui erano stati riapposti il tappo salva-ago ed anche quello proteggi-stantuffo, e due flaconi di Tranquirit (un sedativo), uno dei quali era completamente vuoto mentre l’altro solo a metà.

Il medico del 118, alle ore 11,45, effettuando l’accertamento del decesso, attestava che Attilio Manca era morto circa dodici ore prima, quindi a cavallo della mezzanotte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004. Veniva disposta immediatamente l’autopsia, che veniva affidata alla dr.ssa Ranalletta, medico legale, curiosamente moglie del prof. Rizzotto, primario del reparto di urologia dell’ospedale Belcolle di Viterbo, nel quale prestava servizio Attilio. Al momento dell’incarico alla dr.ssa Ranalletta, peraltro, il marito era già stato sentito come testimone dalla polizia. La relazione autoptica, pur lacunosissima (tanto che in seguito il Gip si è trovato costretto a ordinarne un’integrazione), e quella tossicologica attestano che: nel sangue e nelle urine di Attilio Manca erano presenti tracce di un rilevante quantitativo del principio attivo contenuto nell’eroina, di un consistente quantitativo di Diazepam, principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit, e di non ingente sostanza alcolica; la causa della morte di Attilio Manca va ricondotta all’effetto di quelle tre sostanze, che provocarono l’arresto cardio-circolatorio e l’edema polmonare; sul corpo di Attilio Manca erano visibili, al braccio sinistro, due segni di iniezioni (corrispondenti quindi alle due siringhe ritrovate), una al polso ed una all’avambraccio; su tutto il resto del corpo non era visibile traccia alcuna di iniezioni, recenti o datate.

Attilio Manca era un mancino puro e compiva ogni atto con la mano sinistra. Tutti coloro che lo hanno conosciuto sanno che aveva scarsissima praticità con la mano destra. Tutti i suoi colleghi e amici frequentati nell’ultimo anno di vita, sentiti come testimoni nell’immediatezza, dichiaravano che era da escludersi che Attilio assumesse sostanze stupefacenti e che avesse ragioni per suicidarsi. Veniva anche accertato che, a partire dalle ore 20 circa del 10 febbraio, Attilio non aveva più avuto contatti, telefonici o di presenza, con amici e colleghi. La sera del 10 febbraio aveva deciso di non partecipare, contrariamente al solito, ad una cena fra colleghi. Nei giorni precedenti aveva chiesto e ottenuto un appuntamento per la sera dell’11 febbraio a Roma con il prof. Ronzoni, primario di urologia al policlinico Gemelli, reparto nel quale Attilio si era specializzato e aveva lavorato per anni. Inspiegabilmente e senza alcuna comunicazione preventiva, Attilio Manca non si presentò a quell’appuntamento.

Rimane anche un mistero, che la Procura e la Squadra mobile di Viterbo non hanno fatto nulla per sciogliere, che cosa abbia fatto e dove sia stato Attilio Manca fra la sera del 10 febbraio e il momento della sua morte, avvenuta, come si è detto, nella notte fra l’11 ed il 12 febbraio 2004. Un dato certo, però, proviene dalla testimonianza del vicino di casa, il quale, sentito lo stesso 12 febbraio, dichiarò che la sera prima, verso le 22,15 dell’11 febbraio 2004, aveva sentito il rumore della porta di casa di Attilio che veniva chiusa. Questo dato attesta che in quel momento Attilio tornava a casa o, viceversa, che qualcuno, ancora oggi non individuato, usciva da casa sua, in un’ora molto vicina alla morte di Attilio.

Nell’abitazione di Attilio a Viterbo vennero fatti gli accertamenti dattilo scopici dalla polizia scientifica. Vennero rinvenute impronte palmari e digitali in un certo numero: non tutte, però, appartenevano ad Attilio. Alcune, quindi, erano state apposte da persona o persone diverse. Alcuni mesi dopo, dalle comparazioni effettuate dal gabinetto centrale della polizia scientifica, risultò che il titolare di una delle impronte era il cugino di Attilio, Ugo Manca. Venne allora sentito dalla polizia Ugo Manca, pregiudicato per detenzione abusiva di arma e condannato in 1° grado per traffico di droga, oltre che frequentatore di molti personaggi di interesse investigativo, come Angelo Porcino, Lorenzo Mondello, Rosario Cattafi ed altri. Ugo Manca riferì alla polizia che quella impronta poteva averla lasciata nell’unica occasione in cui, a suo dire, era stato ospite del cugino, il 15 dicembre 2003, allorché si era recato a Viterbo, dove il giorno successivo venne ricoverato all’ospedale Belcolle ed operato proprio da Attilio, per un intervento in verità banale.

Sennonché i genitori di Attilio Manca hanno riferito alla polizia come fra il 23 ed il 24 dicembre 2003 essi alloggiarono a Viterbo a casa di Attilio e come in quei giorni la signora, come ogni madre premurosa di un figlio che vive fuori sede da solo, aveva provveduto ad un’approfondita pulitura della casa, ivi compreso l’ambiente nel quale era stata ritrovata l’impronta di Ugo Manca. Tale evenienza contrasta con la tesi di Ugo Manca. Una decina di giorni prima di morire, Attilio, parlando con i suoi genitori, chiese loro notizie di un tale Angelo Porcino. Disse loro che era stato contattato telefonicamente dal cugino Ugo Manca e che questi gli aveva preannunciato che Porcino sarebbe andato a trovarlo a Viterbo perché aveva bisogno di un consulto.

Contemporaneamente, in effetti, Ugo Manca disse a una terza persona, che di lì a poco sarebbe andato a Viterbo a trovare Attilio. Nessun accertamento è stato fatto dalla Procura e dalla Squadra mobile di Viterbo circa l’eventuale presenza di Porcino a Viterbo nei giorni precedenti la morte di Attilio. Né è mai stato verificato quale fosse la ragione che indusse Ugo Manca, giunto nella mattina del 13 febbraio 2004 a Viterbo, a tentare di entrare nell’appartamento di Attilio ed a presentarsi in Procura per sollecitare il dissequestro dell’immobile ed il pronto rilascio della salma di Attilio. Comportamenti, peraltro, contraddittori con il distacco assoluto che, a partire dal 15 febbraio 2004, Ugo Manca riservò ai genitori di Attilio, ben prima che essi iniziassero a manifestare dubbi sull’uccisione del figlio.

Altro accertamento finora mancante è quello relativo ad un viaggio effettuato da Attilio Manca nell’autunno del 2003 nel sud della Francia, asseritamente per assistere ad un intervento chirurgico, come egli disse ai suoi genitori.

Oggi:

Forse un giorno vi racconteranno la storia di un medico, un urologo tra i migliori in Italia, che si suicidò quattro anni fa, 12 febbraio 2004, nella sua casa, a Viterbo. Vi diranno che era depresso, che era triste, e che decise che era meglio farla finita. Lui si chiamava Attilio Manca. Dottor Attilio Manca.
Si iniettò allora, due volte, sui polsi, una miscela esplosiva di alcol, calmanti ed eroina per farla finita. Nel polso sinistro però. Lui che era mancino, in punto di morte, scoprì che era abile ad usare anche l'altra mano.
Mentre entrava in circolo il mix, diede una testata su qualche muro deviandosi il setto nasale. Poi cominciò a sbattere in giro per la casa, a procurarsi ecchimosi ed ematomi su tutto il corpo. Cosparse la casa del suo sangue, sul letto, sotto il letto, mise il tappo alle due siringhe e ne mise una in bagno e una in cucina. Poi finalmente morì. Suicidio. Caso chiuso.
Come Peppino Impastato che si fece esplodere dopo essersi auto-pestato a sangue ed aver cosparso di tracce ematiche tutta la campagna.
Il dottor Manca in effetti aveva una vita che lasciava presagire al peggio.
A trentaquattro anni era già un luminare, sapeva effettuare l'intervento alla prostata per via laparoscopica. Oltre a lui in Italia c'era solo un altro medico in grado di farlo. Lo ritrovarono in quella casa i suoi colleghi. Prostata. La prostata mi ricorda Bernardo Provenzano. Poveraccio Binnu, dovette andare fino a Marsiglia per operarsi. A proposito, aggiungo una sciocchezza che per gli inquirenti ha poco conto. Infatti è solo una coincidenza, figuratevi.
All’insaputa dei colleghi, l'urologo aveva effettuato un viaggio in Costa Azzurra proprio nell’ottobre 2003. A Marsiglia. Lo disse ai genitori, nel corso di due telefonate. Anche Bernardo
Provenzano, nell’ottobre 2003, si trovava in Francia. Guarda un po'! A Marsiglia.
Attilio Manca disse ai genitori di trovarsi lì perché doveva assistere ad un intervento. I familiari credono sia stato costretto a visitare, ad operare o ad assistere proprio Bernardo Provenzano. Io ne sono fermamente convinto. Basta leggere. E il suo comportamento in quel periodo, lasciava intendere che ci fosse qualcosa di storto, in effetti.

Non è difficile da credere che Bernardo Provenzano, quel vecchietto inoffensivo che mangiava pane e cicoria, abbia preteso di essere visitato ed assistito da un luminare dell'urologia, da uno tra i migliori in Italia e, a lavoro finito, lo abbia messo a tacere. A parte gli accompagnatori, infatti, Provenzano avrebbe avuto solo un altro italiano accanto in Francia. Meglio assicurarsi il suo silenzio.

Le indagini sono state chiuse e archiviate con una superficialità che ha del criminale.


Due telefonate tra Attilio e la madre sono sparite dai tabulati. La mattina del 12 febbraio, invece, Attilio aveva chiamato i genitori, chiedendo loro di portare dal meccanico riparare una moto tenuta a Terme Vigliatore. Dopo la sua morte i genitori c'andarono dal meccanico, ma la moto era perfetta. Forse Attilio già in mattinata era in ostaggio. Forse non poteva nemmeno parlare a telefono.

Attilio aveva addirittura in programma un periodo di volontariato in Bolivia con Medici senza Frontiere, e un training a Cleveland, Stati Uniti, presso un istituto altamente specializzato. Strana una vita così pianificata e dinamica per un'aspirante suicida. Grazie all'ostinazione della famiglia, i
l Gip del tribunale di Viterbo ha dato mandato al pm di far eseguire, entro tre mesi, l'esame del Dna su alcuni mozziconi di sigarette e sugli strumenti chirurgici trovati su un tavolo nell'abitazione di Attilio Manca. (ANSA) In particolare il Gip ha disposto che il Dna venga confrontato con quello di Angelo Porcino, un uomo residente a Barcellona Pozzo di Gotto, città natale di Attilio Manca, dove vivono tuttora i suoi genitori. Angelo Porcino, secondo il legale della famiglia Manca, avvocato Fabio Repici, oltre a essere pregiudicato, avrebbe avuto contatti con ambienti mafiosi barcellonesi. Il Gip ha chiesto di verificare la posizione di Porcino in quanto Attilio Manca, dieci giorni prima di morire, avrebbe telefonato ai genitori chiedendo loro informazioni proprio su di lui. Poi avrebbe aggiunto di avere a sua volta ricevuto una telefonata da parte di un suo cugino, Ugo Manca, tecnico radiologo, che gli avrebbe chiesto un appuntamento a nome di Porcino poiché, avrebbe avuto bisogno di un consiglio di carattere medico. L'eventuale presenza a Viterbo di Porcino, secondo il legale, potrebbe imprimere una svolta decisiva alle indagini nel senso indicato dai genitori di Attilio Manca.

Nel senso che il medico non si sarebbe affatto suicidato e che nella sua morte potrebbe aver avuto un ruolo la malavita barcellonese.

mercoledì 1 aprile 2009

ART.02 - E Pasqua-sia! Ma non a Pasquasia.


Pasquasia sorge su un dosso lungo la Strada Statale 121 Catanese, a metà strada tra Enna e Caltanissetta, nell'omonima contrada, ai piedi del monte Pasquasia di 610 m. di altezza. Essa è oggi, probabilmente, uno dei più validi esempi reperibili in Sicilia di archeologia industriale: il grande complesso di strutture che servivano le massicce attività della miniera, peraltro moderne ed efficienti, sono ben visibili dalla sottostante strada statale, ed appaiono come grandi edifici di funzione meccanistica di colore bianco, con un castelletto d'acciaio ormai in rovina.

La chiusura della miniera, che a partire dagli anni sessanta ha rappresentato una delle più importanti fonti occupazionali per le province di Enna e Caltanissetta, è stata seguita da durissime proteste delle popolazioni locali, e da uno scandalo di risonanza nazionale sulla possibilità, a più riprese smentita, che il governo abbia decretato la cessazione dell'attività estrattiva allo scopo di depositare nel complesso scorie nucleari. Invero, la versione ufficiale circa la chiusura riguarda gli alti costi per la realizzazione di una condotta di scarico lunga 90 km fino a Licata.

Il pentito di mafia Leonardo Messina, detto “Narduzzo”, caposquadra nella miniera di sali potassici di Pasquasia nel 1992, dichiarò che nelle gallerie vennero stoccati rifiuti radioattivi. (Che già un pentito di mafia possa essere caposquadra di una miniera..qualcosa puzza!) Non è chiaro il perché nel 1992 la miniera chiudeva, con i giacimenti ancora lontani dall’essere esauriti, la cui qualità dello zolfo prodotto era così elevata che le formazioni gessose-solfifere alludono a Pasquasia per antonomasia. L’Italkali, l’azienda gestore, ricopriva la posizione di terza fornitrice mondiale di sali potassici come fatturato, e di prima posizione per qualità nel settore.

Il 1992 (il 23 maggio) è l’anno della morte di Giovanni Falcone; il 30 giugno, Leonardo Messina inizia a deporre dinnanzi a Borsellino, che poi verrà ucciso il 19 luglio, facendo importanti rivelazioni. Da qui, il 17 novembre, parte il blitz delle forze dell’ordine, la cosiddetta “Operazione Leopardo”, con oltre 200 ordini di cattura in tutta Italia.

Le attività illegali della mafia non sono l’unico mistero di Pasquasia. Anche gli esperimenti dell’Enea che, già nel 1984, quando era ancora Ente nazionale per l’energia atomica, aveva avviato uno studio geologico, geochimico e microbiologico sulla formazione argillosa e sulla sua resistenza alle scorie nucleari, attraverso la costruzione di una galleria profonda 50 metri, successivamente sigillata.

Nello stesso periodo funzionari del Sisde, secondo il pentito di mafia, avrebbero contattato l’allora amministrazione comunale per richiedere un’autorizzazione a seppellire a Pasquasia materiale militare. Che tipo di materiale?

Nel 1995 si ipotizza un inaspettato incidente nucleare verificatosi durante una fase sperimentale di laboratorio per verificare la reale consistenza del sottosuolo della miniera su eventuali dispersioni di radiazioni. A testimonianza di ciò esiste un’indagine sanitaria del 1997 che rilevava la presenza del ‘cesio 137′, isotopo prodotto dalla detonazione di armi nucleari o dai reattori delle centrali nucleari, in concentrazioni superiori alla norma.

Ma la difficoltà di accertamento sono notevoli: nella miniera di Pasquasia l’argilla, potente schermo naturale, lo rende difficile se non impossibile.

Nel 1997 la procura di Caltanissetta dispone un’ispezione all’interno della galleria di Pasquasia utilizzata dal’Enea. Fu necessario un lungo lavoro per la messa in sicurezza. All’interno, i magistrati trovarono solo alcune centraline di rilevamento lasciate dall’Ente. Non venne mai chiarito cosa dovessero “misurare”. L’Enea dichiarava di aver prelevato delle argille e di averle studiate in laboratorio.

Un’ipotesi che man mano si andava rafforzando era che Pasquasia fosse un ‘diversivo’, mentre la mafia aveva utilizzato altri giacimenti della provincia, soprattutto di zolfo, abbandonati da decenni, dove depositare clandestinamente scorie e veleni di ogni tipo.

In un’intervista pubblicata nel 2001, l’On. Grimaldi, a suo tempo assessore al territorio e ambiente della regione siciliana, dice: «Quando cercai di entrare a Pasquasia con dei tecnici, con degli esperti del mio assessorato, ebbi grande difficoltà ad accedervi, perché non volevano che entrasse la televisione. Non volevano nel modo più assoluto che si vedessero i pozzi. Quando poi sono riuscito ad entrare all’interno della miniera, la cosa più strana che vidi era che uno di quei pozzi, che loro chiamavano bocche d’aria o sfiatatoi enormi e profondi, dal diametro di più di 15 metri, era stato riempito con materiale che di sicuro era stato trasportato all’interno della miniera per chiudere, per tappare in modo definitivo quella bocca. E non si tratta di materiale buttato dentro casualmente, come può verificarsi in una miniera temporaneamente chiusa, come quando qualcuno che vede una pietra e che la butta dentro. Qui si tratta di TIR carichi di materiale che poi hanno buttato dentro appositamente per seppellire e nascondere un qualcosa».

Uno studio epidemiologico del Dott. Maurizio Cammarata, oncologo all’Ospedale di Enna, effettuato nel 1997 nella provincia di Enna, rivelò un incremento di tumori del 20% nel solo biennio 1995/96, in una provincia priva di industrie e di particolari inquinamenti. Dati che allarmano: 16 persone su 10.000 muoiono di tumore ad Enna, rispetto a 12 persone su 10.000 di Milano.

Negli anni successivi i decessi per tumore sono continuati a crescere, ma un monitoraggio non esiste essendo la Provincia di Enna esclusa dal Registro dei Tumori, il sistema di raccolta dati previsto da un’apposita legge regionale. Dati empirici suggerirebbero anche un’indagine dei decessi da infarti, perché dopo leucemie e tumori, le radiazioni sono dannose anche per il cuore. Uno studio britannico, un’analisi sulle condizioni di salute di 65.000 di pendenti nel settore fra il 1946 e il 2002, condotto dai ricercatori del Westlakes Scientific Consulting (Cumbria) e pubblicato sull’International Journal of Epidemiology, nel marzo del 2008, sottolinea come il rischio di malattie cardiocircolatorie da nucleare sia addirittura maggiore del pericolo di cancro. Del resto, diverse ricerche hanno evidenziato i decessi prematuri per problemi cardiocircolatori nei sopravvissuti alla bomba atomica sganciata sul Giappone durante la seconda guerra mondiale.

Ma Pasquasia torna di attualità per gli eventi che si susseguono. Nel 2003, al termine di una riunione dei ministri del Governo Berlusconi, emerse l’indicazione che Pasquasia potrebbe essere uno dei 20 siti nazionali individuati dal governo. Già nel 1977 la commissione europea stilava una lista dei siti, in Italia, idonei ad ospitare un deposito di rifiuti radioattivi: Pasquasia è tra questi. Nella stessa provincia ci sono Regalbuto, Agira, Villapriolo e, all’inizio della confinante provincia di Caltanissetta, Resuttano e poco distante Milena.

Il timore che dal 2010 a Pasquasia finirebbe anche le famigerate HLM di terza generazione, ossia le scorie la cui radioattività decade nel corso di migliaia di anni, viene pubblicato nel dicembre del 2007 dal giornale “l’Ora Siciliana”.

In questi giorni, una serie di incontri tra i tecnici dell’Italkali ed i rappresentanti delle provincie e l’assessore all’industria della Regione siciliana, hanno ventilato la possibilità di una riapertura della miniera e per un rilancio dell’attività estrattiva.

Il 20 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legislativo “Attuazione della direttiva 2006/117/EURATOM relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito”.

Il 25 febbraio il primo ministro Silvio Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno firmato a Roma un accordo per la produzione di energia dall’atomo. Se l’Italia si prepara alla produzione dell’energia dall’atomo, avrà il problema dello stoccaggio delle scorie, e Pasquasia, per caratteristiche naturali, diventa un sito importante.

Per qualcuno il SUD non è solo un polo geografico..
C'è qualcuno che scrive quotidianamente il destino di questa isola. Che non progredisce non per un suo volere..ma per il volere degli altri.

Un seau glass d'argento usato come pattumiera.